
Alla fine del XIX secolo, l’esploratore James Churchward si recò in India per portare aiuti alla popolazione locale, stremata da una gravissima una crisi alimentare, e lì entrò in contatto con un remoto eremo della zona, dove conobbe un religioso della comunità, l’abate francese Charles Étienne Brasseur de Bourbourg. Fu proprio tra le mura del monastero che i due rinvennero una testimonianza eccezionale, su cui presto avrebbero costruito una nuova storia del genere umano. Si trattava di antiche tavolette di argilla che, incise con caratteri apparentemente indecifrabili, testimoniavano l’esistenza di una civiltà ormai estinta, vissuta su una terra scomparsa milioni di anni prima: si trattava del leggendario Mu, il misterioso continente scomparso. Secondo Churchward e Bourbourg, le iscrizioni erano opera di un gruppo sociale molto influente sul continente Mu: i Naacals, una sorta di casta sacerdotale dedita al culto del dio Ra (la coincidenza con il nome della divinità egizia non è casuale: la Terra dei faraoni fu una vera e propria colonia della civiltà Mu). Nonostante la grandiosità della scoperta, i due ricercatori decisero di mantenere segreto il luogo del ritrovamento, suscitando le critiche della comunità scientifica, che li accusò di falsità. Nonostante le numerose critiche, alcuni scienziati accolsero con cautela le ipotesi dei due: secondo la teoria sulla deriva dei continenti (elaborata all’inizio del Novecento), le zolle della Terra primordiale avevano una disposizione molto diversa da oggi, tanto da poter giustificare la “sparizione” di un continente.
[Image: austincoppock.com]